Vi segnalo un film particolare, forse poco conosciuto, ma pregevole per il profondo messaggio che veicola e, lo si può dire, edificante.

Tom Hanks incarna con maestria Mr. Rogers, un conduttore TV statunitense che tra il 1968 e il 1998 fu molto amato per il suo programma per ragazzi nel quale insegnava in modo leggero e paterno a conoscere e gestire le emozioni. Una sorta di Maestro Manzi dei sentimenti.

Il film, però, è rivolto agli adulti perché racconta dell’incontro inaspettato di un giornalista cinico e depresso, appena diventato padre, (ottimamente interpretato da Matthew Rhys), che accetta di malavoglia di intervistare il presentatore e viene a poco a poco “costretto” dalla gentilezza di Mr. Rogers a guardare dentro di sé, a rivedere il traumatico rapporto col proprio padre, e arrivare a prepararsi nel migliore dei modi al suo compito paterno.

Quello che ci ha fatto amare questo film è soprattutto la relazione che si crea tra il giornalista e il conduttore TV, perché è una splendida illustrazione della relazione psicoterapeutica.

Non so se gli sceneggiatori (Micah Fitzerman-Blue e Noah Harpster, ispirati da una storia vera)  ne avessero l’intenzione, ma è comunque toccante vedere come l’atteggiamento attento e aperto che Mr. Rogers ha, con tutti e ogni volta con ognuno, riesce a superare le barriere costruite in anni di rancore, spiazza l’interlocutore, prima viene rifiutato, e poi apre all’incontro vero e alla messa in discussione delle proprie certezze.

Nella trama del film l’atteggiamento empatico, la capacità di contatto e sintonizzazione di Mr. Rogers intaccano piano piano il muro di rabbia eretto dal giornalista, difesa legittima rispetto ai dolori vissuti, ma ostacolo enorme al vivere il tempo presente. Il conduttore non molla, aspetta, ritorna, ascolta veramente, parla d’altro, e gradualmente arriva al cuore del problema, lo fa emergere, lo tira fuori.

Il tutto raccontato con molta delicatezza facendo finta di parlare d’altro, con elementi infantili, colorati, ingenui, che si rivolgono direttamente ai bambini e alla parte bambina che c’è in ciascuno di noi.

Momento clou quando il neo papà si ritrova di notte a cullare il suo neonato che tra le sue braccia si calma e guardandolo si esibisce in uno sbadiglio che scioglie la scorza più dura…

 

Consigliato ai terapeuti, agli animi sensibili, a chi ha conti aperti con un genitore, a chi è ancora convinto che avere ragione risolva i conflitti…

 

Il mio amico Dario Lapi lo racconterebbe così: «Perdonare significa liberarsi».